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Povere creature! - Recensione

Leone d’oro (annunciato) alla 80a Mostra del Cinema di Venezia. Yorgos Lanthimos nel settimo lungometraggio fa bene i compiti e filma la sua opera più convincente. Ironico e aspro, acuto e dissacratore, misero e venato da una voglia di riscatto, questo film racconta una storia fantastica venata di realtà

Inizio Novecento. Bella Baxter è stata salvata dal dottor Godwin Baxter, detto, non a caso, God. Questo le ha dato una nuova possibilità di vita, regredendola, però alla vita dell’infanzia. Quindi se fisicamente Bella è una ragazza di vent’anni o poco più, il suo cervello è quello di un neonato che cresce e acquisisce conoscenza grazie agli insegnamenti del dottore e alla libertà concessale di esplorare e osservare. In questo processo, la ragazza incontra due uomini: uno è l’assistente di God, Max McCandles, che la studia e le permette a poco a poco di prendere coscienza di sé; l’altro è l’avvocato Duncan Wedderburn il quale, al contrario, le chiede di uscire dalla casa di God e di vivere nel suo personale mondo. I due, quindi, partono e in questo viaggio la ragazza impara non solo a scoprire i piaceri della vita, ma anche i dolori, le sopraffazioni e lo stato d’essere dell’esistenza, i suoi meccanismi e storture. Bella si emancipa, ma il passato, quello prima dell’incontro con God, si riavvicina a lei sotto forma di un generale. Ora, però, la donna ha gli strumenti necessari per scegliere cosa è giusto per lei.
Poor Things o Povere creature! con il punto esclamativo, è un film sulle creature, sugli esseri umani, relegati allo stato quasi animale, che popolano la realtà. È un’esortazione per donne e uomini a seguire Bella e God che in modi diversi, coltivano e sentono sul loro corpo le contrapposizioni del mondo e in nome di un pensiero libero, sperimentando, in particolare il deforme dottor God che su di sé ha capito cosa la scienza (medica) può fare in quell’epoca, accettano nuovi modelli di pensiero, cercando di rapportarsi all’esistenza in maniera innovativa. Questo processo è incarnato da Bella, una ragazza che ha la possibilità di rinascere, assemblata per l’occasione dal suo creatore, un novello dottor. Frankestein, appunto God Baxter. Come il Candido di Voltaire, la giovane esplora, cerca, capisce, si fida degli altri essere umani, come l’avvocato Wedderburn che la vuole a sé per il proprio piacere personale, o l’onesto Max che invece, da scienziato, ne capisce e appoggia il processo evolutivo, di crescita. Bella è un Candido al femminile con la stessa ingenuità del protagonista del romanzo di Voltaire e la sua incapacità di pensare male, nonostante veda atrocità nel suo giro del mondo. Tali brutture sono portate dall’essere umano maschile che in una società patriarcale, di dominio incontrastato tra le mura domestiche, come nei luoghi pubblici, afferma se stesso e il suo, presunto, potere. In questa contrapposizione Lanthimos sviluppa i due piani narrativi. Da un lato Bella, la donna, che si eleva, cresce, si adatta con coscienza ai dogmi dell’uomo come per lo sfruttamento sessuale; infatti per vivere da sola, dopo aver abbandonato l’avvocato, non può far altro che prostituirsi in una casa di tolleranza. La ragazza, però, qui, non rimane sottomessa, bensì cerca di comprendere il maschio, studia, legge, si avvicina al pensiero socialista, la grande rivoluzione di pensiero di quell’inizio secolo, per interpretare il suo ruolo nella società. Dall’altro lato, al contrario, c’è l’uomo. I personaggi maschili sono nell’idea del regista argomentati in una scala discendente che parte da God, illuminato scienziato, passa per il suo adepto, Max, rispettoso scopritore, fino ad arrivare alla cupidigia carnale di Duncan, il quale sprofonda sempre più in un abisso di dolore e follia mano a mano che la consapevolezza di Bella cresce. L’avvocato, infatti, privato dell’unico argomento di relazione con la ragazza, e in generale con le donne, cioè il sesso, è quasi castrato dalla situazione, fino alla regressione di uno stato infantile e capriccioso. Il processo di abbassamento morale dell’uomo si conclude con il peggiore dei suoi esempi, un generale, spavaldo e arrogante che cerca di sopprimere nuovamente Bella, ma non riconosce negli occhi della ragazza la luce della consapevolezza, della riflessione, della logica e del pensiero scientifico nel vivere la sua vita.
Povere creature! è, pertanto, un film che contrappone il raziocinio alla dimensione più carnale, umana, istintiva. Nell’orchestrare questa dicotomia Lanthimos è equilibrato. Innanzitutto nelle sue mani tutti gli attori, principalmente Emma Stone (Bella), Willem Dafoe (God), Mark Ruffalo (Duncan Wedderburn), Ramy Youssef (Mad McCandles) incarnano tutte le sfumature dei loro personaggi: sono grotteschi, ironici, assurdi, paradossali, spietati e dimessi, arroganti e senza scrupoli. Queste si armonizzano, poi, con l’atmosfera del film che è sempre sopra le righe, parossistica a tratti, ma mai eccessiva. L’ironia scaturisce dalle azioni roboanti e ridondanti dei personaggi o da alcune loro affermazioni disincantate e pure è pungente. Emma Stone, poi, è la perfetta sintesi di tutto questo; nel suo viso serio e pensieroso solcato dalle grosse sopracciglia, è lucida e ingenua e proprio per questo empatizza con il pubblico, facendogli capire il suo processo di scoperta. Perché ciò accada la macchina da presa del regista non si stacca mai da lei, la osserva e scruta costantemente, e sono importanti anche i personaggi secondari che la giovane incontra, come la coppia composta da una donna e dal suo accompagnatore, omosessuale e di colore, pervasi dal pensiero liberale o le ragazze della casa di tolleranza o gli inservienti della casa del generale, tutti quanti in grado di aiutarla ad aggiungere un mattone in più alla costruzione della sua nuova vita. Infine, altro dettaglio linguistico di Lanthimos che convince, è la scelta visiva. Povere creature! ha colori accesi, quasi da fumetto e forme, animali e cose alla Hieronymus Bosch, che materializzano l’atmosfera da sogno. In questa linea di pensiero l’uso del fish-eye, del grandangolo che nei precedenti film del regista greco apparivano poco motivati, qui trovano ragion d’utilizzo; anche la macchina da presa di Lanthimos si muove di meno, per invece tornare alla capacità di raggelare la scena, carattere principale dei film pre-Hollywood.

Povere creature! non è un film perfetto. Nella seconda parte il regista si dimentica un po’ della coppia God-Max per concentrarsi troppo sulla vicenda di Bella, che merita più spazio in quanto rappresenta la linea di racconto principale, a cui però è necessaria la contrapposizione narrativa con i due scienziati per capirne meglio il personaggio. Seppur, inoltre, il film riesca a raggiungere il suo obiettivo concettuale e visivo, il finale un po’ troppo buonista fa rimpiangere il Lanthimos dissacrante e sadico di Dogtooth, Kinetta o Alps (per approfondire la poetica del regista greco, vi invitiamo ad ascoltare la puntata del nostro podcast, la Luce del Cinema, a lui dedicata). Il regista sembra essere sceso troppo a patti con la produzione hollywoodiana-americana che gli ha causato la perdita di un pezzo si sé. Rimane, in ogni caso, il film più convincente di Lanthimos, senza dubbio, che ha sistemato il suo cinema linguisticamente, ma a questo punto il regista deve trovare un maggior equilibrio tra la produzione e la propria poetica. 

Crediti fotografici.
Foto 1, Actress Emma Stone, Poor Things




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Video

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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